Sesso, amore e dating

Fino a un decennio fa, cercare amore o sesso su internet era fortemente stigmatizzato: secondo il sentire comune soltanto chi non aveva altra scelta, gli sfortunati o i cuori infranti, ricorrevano ai siti di appuntamenti, e per quanto il quadro fosse in realtà più complesso, resta il fatto che solo una nicchia minoritaria e parzialmente nascosta dava fiducia agli incontri online. Negli ultimi anni, invece, il fenomeno di «piattaformizzazione» delle relazioni sociali prodotto dal digitale, e soprattutto la diffusione delle dating app, hanno (quasi) del tutto normalizzato le pratiche di intimità digitale, specie (sebbene non esclusivamente) per i giovani (dai 18 ai 44 anni circa) che vivono in contesti urbani. Al momento, si calcola che le dating app abbiano più di 300 milioni di utenti in tutto il mondo, ed è previsto un progressivo incremento nei prossimi anni 1.

Se, da una certa prospettiva, possiamo vedere le dating app come un’ulteriore rimediazione degli annunci di incontri, o delle agenzie matrimoniali, d’altro canto non possiamo ignorare le peculiarità dei mezzi digitali. Innanzitutto, la loro pervasività: le dating app, specialmente nelle grandi città, stanno diventando il mezzo principale attraverso cui rapportarsi alla ricerca di partner romantici o sessuali, tanto che molti le percepiscono come «inevitabili». In questo senso, stanno assumendo un certo monopolio nell’organizzazione della pratica del dating, che segna un cambiamento rispetto al ruolo e alla popolarità di agenzie matrimoniali e d’incontri.

Inoltre, come dimostrato da recenti studi sul tema, le dating app non servono soltanto a incontrare potenziali partner, ma offrono uno spazio di negoziazione col proprio desiderio e con la propria desiderabilità. In altri termini, è del tutto possibile, e molto frequente, usare una dating app senza (volere) incontrare nessuno al di fuori dalla app stessa. Questo perché le stesse affordances della app hanno la capacità di creare un’economia libidinale attraverso cui il soggetto può accedere all’immaginario e al discorso amoroso, a prescindere dalla relazione incarnata con un altro umano 2. Ciò detto, sempre più coppie si incontrano tramite Internet. Basti pensare che dal 2013 negli Stati Uniti le unioni nate tramite la mediazione di mezzi digitali hanno superato quelle originatesi nei contesti tradizionali di famiglia, lavoro e amici 3.

La ricerca scientifica su questi temi, in particolare nelle scienze sociali, è in grande crescita. Un corpus di studi interdisciplinare e variegato si è occupato della comprensione del funzionamento delle dating app, delle motivazioni dei loro utenti, dei modelli di business di queste imprese digitali, della loro rilevanza sociale e culturale. Ciò che emerge con chiarezza è che la diffusione delle dating app ha contribuito a veicolare un cambiamento culturale e sociale nei codici di corteggiamento, che si sono adattati alla grammatica più sintetica ed effimera della socialità digitale. All’interno delle dating app gli utenti, così come su qualsiasi altro social media, sono chiamati a escogitare nuove strategie e tattiche per presentare sé stessi, valutare la presentazione degli altri e produrre una versione di sé «che funziona» entro questi contesti. 

Questo comporta una risignificazione dei codici associati al relazionarsi con degli sconosciuti in prospettiva di un possibile incontro romantico o sessuale. Come si fa a stabilire se un profilo è «autentico»? Come si fa a fidarsi, a capire con chi varrebbe la pena incontrarsi? Come è possibile leggere le intenzioni altrui attraverso i pochi segnali a disposizione? Ma soprattutto, è vero – come potrebbe sembrare – che le dating app sono strumenti efficienti per incontrare potenziali partner? Insomma, quali sono le implicazioni del farsi piattaforma delle pratiche di corteggiamento?

In questo articolo proporremo una riflessione che prende spunto sia da ricerche esistenti nel campo della sociologia e degli studi sui media, sia dal nostro lavoro empirico. Ci preme sottolineare, innanzitutto, che il mercato delle dating app si sta specializzando sempre di più, con piattaforme indirizzate a nicchie molto specifiche di utenti, classificate a seconda del loro orientamento sessuale, religioso, o del retroterra etnico e culturale, mentre quanto segue riguarda l’uso delle app mainstream, e specialmente di Tinder, e dunque si concentra su un pubblico prevalentemente eterosessuale e generalista. Tuttavia, alcuni aspetti del nostro ragionamento, in particolare quelli riguardanti la struttura delle piattaforme, possono risultare utili per capire il fenomeno in sé, a prescindere dalle sue molteplici declinazioni. 

Lanciata sul mercato nel 2012, Tinder è stata la prima dating app per persone eterosessuali (anche se ora si rivolge anche agli utenti Lgbtq+) ed è ancora la più diffusa. Indubbiamente leader nel settore, nel maggio 2021 ha registrato 6,5 milioni di download e, sempre nel 2021, ha ottenuto ricavi oltre i 65 milioni di dollari. Tinder è stata progettata sul modello di Grindr, indirizzata a un pubblico maschile gay, la prima dating app a introdurre la funzione di geolocalizzazione tra le sue affordance. Tuttavia, su Tinder l’interfaccia apertamente sessuale di Grindr è stata attenuata, e alcune funzioni sono state inibite: il colore principale è diventato un rilassante «blu» (rispetto al ros- so di Grindr), i profili sono mostrati sotto forma di unità discrete (anziché in forma di collage), e la funzione di condivisione immagini è stata rimossa per evitare che si potessero inviare foto esplicite non richieste. In questa riprogettazione della app possiamo leggere il tentativo di riprodurre codici morali eteronormativi per i quali è preferibile fondare gli incontri sessuali su una forma di connessione emotiva o linguistica (per quanto transitoria).

Nonostante questi accorgimenti, Tinder è da subito stata etichettata come hook up app: un dispositivo per facilitare incontri di sesso occasionale che in ultima analisi riproduce ed estremizza una visione del sesso e dell’amore come prodotti di consumo. Una simile visione emerge anche dalla letteratura accademica. La sociologa Eva Illouz 4. ha definito le app di appuntamenti come dispositivi attraverso cui si attua una scelta di stampo economico, che si caratterizza nella valutazione di potenziali partners attraverso la comparazione di alcuni criteri generali.

D’altronde, questo è piuttosto esplicito negli slogan pubblicitari della maggior parte delle dating app. Ok, Cupid promette di utilizzare la sua Algorithmic Magic per aiutare milioni di persone a trovare l’amore, mentre E-Harmony afferma di aver trovato The Brain Behind the Butterflies. Lo slogan di Tinder, Match Chat Date, riduce l’enigma dell’incontro amoroso a una semplice procedura in tre passaggi; l’app Plenty of Fish accenna a innumerevoli potenziali partner mentre evoca il ritornello popolare su come affrontare la perdita e il fallimento nell’amore: «Vai avanti, il mare è pieno di pesci».

Indubbiamente, le dating app offrono agli utenti una serie di possibilità di scelta che si concretizzano nella reciprocazione dello swipe, l’oggetto tecnico attraverso cui, dentro la piattaforma, si esprime apprezzamento per un altro (o un’altra) utente. Si può dire quindi che le dating app enfatizzano una logica di gamification delle relazioni sentimentali, le quali vengono trasformate in una sorta di gioco che ricalca una certa logica consumistica. Come sottolinea la studiosa americana Arrington Stoll in un contributo incluso nell’antologia It Happened on Tinder, curata da Amir Hestrioni e Meric Tuncez e pubblicata dall’Istituto di Network Cultures dell’Università di Amsterdam nel 2019, tutto ciò che gli utenti devono fare è «identificare le loro esigenze, stabilire cosa offrono in cambio, comprendere il mercato degli appuntamenti, valutare le opzioni e, infine, scegliere la soluzione migliore in base alla loro analisi costi-benefici» 5

Gli utenti sono ben consapevoli di questo processo, riconoscono la necessità di produrre una presentazione del sé desiderabile per distinguersi dai «concorrenti», e agiscono secondo un tipo di razionalità più economica che romantica. Entro le dating app operano, in altre parole, dei piccoli imprenditori, che navigano l’incertezza di un mercato che possiede numerose analogie con le imprevedibili oscillazioni di quello finanziario.

Una di queste, forse la più evidente, afferisce alla dimensione di valutazione del rischio congenita alle pratiche di online dating. Il mercato dell’a- more prodotto dalle dating app è infatti intrinsecamente incerto, ed è difficile costruire un rapporto di fiducia tra partecipanti che hanno pochissimi dati disponibili per valutare la situazione. Per queste ragioni, come mostrano le ricerche più recenti, è sempre più frequente che, dopo il primo contatto mediato dalla dating app, gli utenti uniti da un match migrino su un’altra piattaforma – spesso Instagram o WhatsApp, magari Snapchat per i più giovani – dove poter attingere a un più ampio set di informazioni.

Nonostante gli slogan promozionali, in verità le dating app non sono in grado di fornire agli utenti strumenti adeguati a ridurre il rischio e razionalizzare la loro scelta. Al contrario, costituiscono un ecosistema sociale caratterizzato da quella che Frank Knight chiamerebbe «incertezza strutturale», entro cui gli utenti sono chiamati ad accettare una dimensione intrinseca di rischio. Scommettere, più che scegliere, indovinare, più che conoscere, sono le metafore che meglio descrivono la costruzione dell’intimità che caratterizza le dating app. Se guardiamo quindi al comportamento degli utenti nel contesto delle dating app, potremmo dire che si tratta di un processo di costruzione dell’identità che va letto come un titolo finanziario: un investimento con aspettativa di ritorno.

A sostanziare questo approccio finanziarizzato all’amore entro le dating app è anche il funzionamento socio-tecnico di questi strumenti. Sono infatti i dati personali e i processi di matchmaking basati su algoritmi a regolare gli scambi sociali in questi contesti. Gli algoritmi ri-mediano, organizzano e coordinano lo scambio (potenzialmente) romantico tra utenti nelle dating app, producendo suggerimenti di possibili match a partire dai dati che la piattaforma ha raccolto sugli utenti stessi. Attraverso il processo di matchmaking basato su algoritmi, le dating app sistematizzano l’interazione tra utenti che si valutano a vicenda in base a determinati parametri.

Questo produce una narrazione che induce gli utenti ad affidare allo strumento tecnologico la soluzione del problema d’amore. Come una sorta di reazione a quella cultura che vede nella libera scelta individuale il dispositivo principale per realizzare «l’utopia romantica», le dating app producono un «immaginario algoritmico» che devolve alla razionalità tecnologica del matching la selezione dei possibili incontri amorosi. Sembrerebbe quasi che, dopo decenni di tentativi più o meno falliti (si vedano i dati circa i divorzi in Occidente) di far «funzionare» l’amore grazie alle proprie caratteristiche e preferenze individuali, sia sopraggiunta la voglia (più o meno consapevole) di affidarsi, almeno in una certa misura, a un sistema esterno – un altro da sé che si suppone sappia qualcosa sul nostro desiderio a noi invece precluso. Questo altro nella società digitale è per l’appunto la tecnologia, in particolare gli algoritmi, dai quali riceviamo continue sollecitazioni, raccomandazioni, ingiunzioni.

Da questo punto di vista, le dating app non fanno qualcosa di molto diverso da altre app in altri ambiti, dall’intrattenimento al lavoro, al consumo, e infatti possono essere considerate eponime del processo di «piattaformizzazione» accennato in apertura. Le dating app applicano questa stessa logica agli scambi intimi e romantici, operando come tecnologie che mediano – e, così facendo, coordinano e regolano – l’attualizzazione di una relazione romantica o sessuale, in particolare nelle fasi iniziali di incontro e scelta di un potenziale partner.

Un aspetto peculiare e alquanto trascurato che caratterizza le dating app è che, a differenza di social media come Facebook o Instagram, attraverso di esse gli utenti non costruiscono un profilo che accumula contatti in modo incrementale. Dentro a una dating app gli utenti non possono né compilare elenchi di «amici» né scorrere i contenuti a cui altri utenti hanno messo «mi piace». Al contrario, l’interazione origina dal match e si articola entro la funzionalità di messaggistica, i cui scambi si combinano alla quantità limitata di informazioni fornite da un singolo utente. A tutti viene offerto un set preconfezionato di contatti – che potremmo chiamare «capitale sociale pronto all’uso» – a cui attingere e su cui devono, per l’appunto, «investire» con l’aspettativa di un qualche tipo di ritorno. Si tratta di un elenco di suggerimenti prodotto algoritmicamente (o, più raramente, su base statistica, come accade sulla piattaforma eHarmony) che, come detto, ci giunge con la percezione e la promessa di una certa razionalità scientifica.

Questo «capitale sociale pronto all’uso» è composto da connessioni altrimenti non raggiungibili: si tratta, a tutti gli effetti, di «quasi-estranei», di cui gli utenti hanno conoscenza estremamente limitata e che debbono valutare a partire da una scarsa disponibilità di informazioni, giocando di strategia. Pertanto, lo sforzo di accumulare conoscenze sugli altri in una app di appuntamenti può essere relativamente maggiore rispetto a quanto accade negli incontri non mediati dalle tecnologie digitali, dove la comunicazione non verbale gioca spesso un ruolo cruciale; ma anche rispetto ai social media tradizionali, in cui la presenza di una varietà di contenuti multimodali consente di raccogliere informazioni potenzialmente molto ampie.

Ciò determina una nozione di fiducia che non si basa su mutualità o reciprocità, ma che invece ricorda quella che il sociologo tedesco Niklas Luhmann 6definisce come la valutazione del rischio di interagire con soggetti «non-familiari». È interessante notare che per Luhmann l’amore è un mezzo di comunicazione caratterizzato dalla «codificazione dell’intimità», intesa come un sistema sociale all’interno del quale gli attori sociali «migliorano la comunicazione facendo in gran parte senza alcuna comunicazione». Le dating app sembrano una rappresentazione fedele della concezione luhmaniana, poiché gli utenti interpretano i «segnali» che gli altri mettono in campo e producono un’interazione che costituisce, di fatto, una forma di «comunicazione senza comunicazione».

Da questo punto di vista, anche l’archetipo della reciprocità all’interno delle app di appuntamenti – lo swipe – non attualizza la mutualità delle relazioni, ma piuttosto rappresenta una richiesta di fornire più segnali al fine di ridurre ulteriormente l’incertezza. Seguendo questa linea di pensiero, possiamo interpretare uno «swipe right» come un mero apprezzamento del per- sonal brand individuale, piuttosto che come l’esito di una reciprocità di interesse per la persona.

Tuttavia, la fiducia gioca inevitabilmente un ruolo chiave entro questa codificazione dell’intimità. Da un lato si interfaccia con un’ovvia dimensione di sicurezza personale, che riguarda il (potenziale) incontro faccia a faccia con utenti «quasi-estranei». Dall’altro consiste, più strategicamente, nel valutare se un appuntamento faccia a faccia meriti effettivamente il suo valore (di segno) in termini romantici. In questo processo, le funzionalità tecnologiche – come l’immagine del profilo, la biografia o i messaggi di testo – svolgono un ruolo importantissimo, nella misura in cui consentono la produzione e l’interpretazione di questi segnali.

Questa condotta possiede significative analogie con le logiche reputazionali che caratterizzano altri contesti in cui il self-branding è pratica diffusa, come per esempio tra i lavoratori freelance nelle economie culturali. Per loro, il self-branding equivale all’ermeneutica di un sé che «funziona» in un determinato contesto e che è propedeutico all’accumulazione di reputazione. Sulle dating app, nonostante l’impossibilità di accumulare capitale sociale, il self-branding rappresenta ugualmente la fonte per la costruzione della fiducia tra individui che sanno qualcosa, ma non abbastanza, gli uni degli altri, e che in un contesto di scarsità di informazioni devono costruire le condizioni necessarie per uno scambio sociale produttivo.

Se è vero, quindi, che la socialità che caratterizza le culture del dating nell’era digitale replica la logica di un mercato estremamente volatile, in cui le scelte vengono fatte sulla base di sentimenti intersoggettivi e aspettative di comportamenti futuri, le dating app emergono da questa riflessione come istituzioni tecno-sociali che sistematizzano una forma di mercificazione del romanticismo. Allo stesso tempo esse sono ben lungi dall’offrire una soluzione tecnologica al «mistero» dell’amore, ma al contrario ne riproducono l’incertezza attraverso mezzi digitali. Se da un lato le dating app possono essere viste come offerte di love on demand allo stesso modo di altre app che forniscono servizi o beni (come Deliveroo o Uber), dall’altro andare davvero a un appuntamento, per non parlare di un appuntamento di successo (in qualsivoglia accezione si voglia interpretarlo), è tutta un’altra storia.

Il grado di radicamento che tecnologie come le dating app hanno acquisito nella mediazione delle relazioni sentimentali punta verso una normalizzazione completa dell’uso di queste app, come porta d’accesso abituale alle culture e alle pratiche dell’amore, soprattutto per le generazioni più giovani. Sembra quindi importante mantenere uno sguardo critico sui modi in cui la tecnologia è stata integrata in questi processi e rappresenta un motore importante di cambiamento culturale e sociale.

D. Curry, ‘Dating App Revenue and Usage Statistics (2023)’, Business of Apps, 9 January 2023, available at https://www.businessofapps.com/data/dating-app-market/ (last accessed on 26 January 2023)

C. Bandinelli and A. Bandinelli, ‘What does the app want? A psychoanalytic interpretation of dating apps’ libidinal economy’, Psychoanalysis Culture and Society, No. 26, 2021, pp. 181–198.

M.J. Rosenfeld, J.T. Reuben and S. Hausen, ‘Disintermediating Your Friends: How Online Dating in the United States Displaces Other Ways of Meeting’, PNAS Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, Vol. 116, No. 36, 2019, pp. 17753–17758.

See E. Illouz, The End of Love: A Sociology of Negative Relations, Oxford University Press, 2019

A. Hestrioni and M. Tuncez (eds), It Happened On Tinder, Amsterdam: Institute of Network Cultures, 2019, p. 90.

N. Luhmann, Love as Passion: The Codification of Intimacy, Cambridge: Polity Press, 1986; and ‘Familiarity, Confidence, Trust: Problems and Alternatives’, in D. Gambetta (ed.), Trust: Making and Breaking Cooperative Relations, Oxford: Blackwell, 1988, pp. 94–100.

Published 16 February 2023
Original in Italian
First published by Il Mulino (Italian version); Eurozine (English version)

Contributed by Il Mulino © Carolina Bandinelli / Alessandro Gandini / Il Mulino / Eurozine

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