Il diario di Felix

Emiliano Mancuso è un narratore di storie. Per raccontarle si concede tempo, abita i mondi che racconta, intreccia relazioni con le persone che incontra, condividendone ritmi e abitudini. In questo nuovo lavoro, Il diario di Felix, ha varcato la porta di una casa famiglia e, senza una sceneggiatura, ha iniziato a prendere appunti fotografici e video. Come se stesse componendo un album familiare, si preoccupa di trattenere i ricordi, di non perdere un istante, un gesto, una parola e dunque raccoglie lettere, fotografie e ore e ore di riprese video; sono questi gli elementi di questa storia che parla più linguaggi, ognuno dei quali rimanda all’altro, in un dialogo coerente
e autentico tra le anime della scrittura, quella parlata e quella visiva che ci conducono in un microcosmo dove le esistenze mostrano, con disarmante autenticità, paure, angosce, disagio, gioia e dolore.

Il diario di Felix è, nell’esplorazione di un mondo racchiuso tra poche mura, un viaggio nell’adolescenza, l’esperienza umana dell’incontro, la percezione dell’universalità delle emozioni. Nel precedente lavoro, Stato d’Italia, l’autore aveva viaggiato per tre anni nel Paese in declino, tra abusivismo, opere incompiute, disastri idrogeologici, scioperi, sbarchi di immigrati, proteste di piazza; si era dedicato a documentare la vita del parlamento berlusconiano realizzando dei ritratti-affreschi del potere che dicevano molto della nostra classe politica del tempo. Sembrava destinato alla testimonianza di denuncia sociale, all’osservazione e all’approfondimento della cronaca dell’Italia, sempre partecipato, emotivo e schierato dalla parte delle vittime delle ingiustizie, da buon fotogiornalista di razza, fotografava per dare voce a chi non ce l’ha. Poi è successo qualcosa.

Emiliano Mancuso si è fermato, ha smesso di viaggiare per l’Italia, ha cambiato la sua vita e, per un anno ha percorso ogni giorno la strada che porta a Torre Spaccata, periferia romana, dove si trova Casa Felix, la casa famiglia per minori in difficoltà. Ha conosciuto Giuseppe e Valerio, due ragazzi ospiti della casa e con loro ha imbastito la storia che oggi guardiamo.

Giuseppe e Valerio sono diventati i registi e i protagonisti; gli altri, stranieri soprattutto, sono le comparse di un romanzo corale. Mancuso li ha ripresi per migliaia di ore, con poche uscite in esterni, concentrando l’attenzione sul microcosmo della casa come espressione del mondo; ha affidato alle stanze spoglie e ai pochi oggetti personali la scenografia minima per dedicarsi ai corpi e ai volti.

Ogni immagine è dettaglio, espressione della parzialità dell’esistenza, della fugacità dei momenti, della fragilità delle emozioni.

Le fotografie sono appunti, collezioni di attimi, ritratti condivisi in cui la prospettiva è frontale, la relazione chiara, la fiducia reciproca. Nuda, spoglia, domestica, la fotografia genera un racconto personale e autobiografico. Abbandonato il linguaggio del fotogiornalismo, l’azione, il grandangolo, il bianco e nero, i campi larghi, in questo lavoro, l’autore diventa essenziale, privo di formalismo. Utilizza la macchina fotografica, il cellulare, la polaroid, tutto quello che ha a portata di mano per non perdere istanti, per non mancare un gesto, un momento emotivo, un taglio di luce, una nudità rivelatrice d’intimità.

La scena quotidiana è lì per essere fotografata e l’immagine restituita è istantanea e naturale.

L’autore è invisibile, mentre scorrono le giornate, scompare la sua presenza: i ragazzi dominano il girato e la fotografia, i loro scritti diventano la trama di questa storia. Un documentario nel senso
compiuto. Una mostra e un film di testimonianza dove non c’è costruzione e finzione. Ognuno è se stesso in relazione con gli altri. Una narrazione punteggiata da singole storie personali che affiorano per dettagli e battute.

Emiliano Mancuso colleziona ricordi, frammenti di vite di passaggio offrendo una galleria di personaggi capaci di rappresentarsi, protagonisti delle loro vite. Credo sia questa la chiave di lettura del lavoro che, attraverso medium differenti, ci conduce in un viaggio nelle vite degli altri, nella marginalità non stereotipata, carica di
umanità, equilibrata tra la difficoltà esistenziale e la gioia di vivere.

Published 3 December 2014
Original in Italian
First published by The Stories without borders exhibition catalogue

© Renata Ferri / Lector in fabula / Fondazione "Giuseppe Di Vagno (1889-1921)" / Eurozine

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