Mario Vargas LlosaGilles LipovetskyAlessandro SpataforaMario Vargas Llosa, Gilles Lipovetsky / Lettera internazionaleEurozineLettera internazionaleLetras Libres 7/2012 (Spanish version); Lettera internazionale 117 (Italian version)2014-01-08Alta cultura o cultura di massa?Conversazione tra Mario Vargas Llosa e Gilles LipovetskyMario Vargas Llosa:La civiltàdello spettacolo è un saggioche esprime preoccupazione,per non dire angoscia, nelvedere che ciò che intendevamoper "cultura" quando io ero giovane si è, nelcorso della mia vita, trasformato in qualcosa dimolto diverso rispetto agli anni Cinquanta, Sessantae Settanta. Il libro cerca di raccontare piùo meno in che cosa sia consistita questa trasformazionee anche di vedere quali effetti puòavere la deriva che ha preso oggi quella chechiamiamo cultura in diversi aspetti dell'attivitàumana -- nella sfera sociale, in quella politica,religiosa, sessuale, eccetera -- partendo dal presuppostoche la cultura pervade tutte le attivitàdella vita.Il libro non vuole essere pessimista, ma vuoleporre il problema e invitare a riflettere sull'importanzache hanno acquisito l'intrattenimento elo svago nel nostro tempo e chiedersi se questipossono diventare la colonna vertebrale dellavita culturale. Mi pare che stia accadendo proprioquesto e con il beneplacito di ampi settoridella società, inclusi quelli che tradizionalmenterappresentavano le istituzioni e i valori culturali.Secondo me, Gilles Lipovetsky è uno deipensatori moderni che più ha riflettuto su questanuova cultura. In libri come L'era del vuoto oL'impero dell'effimero, ha spiegato con grandecompetenza in che cosa consiste questa nuovacultura. Diversamente da me, Lipovetsky si èavvicinato a questo tema senza inquietudine,senza apprensione, anzi, con simpatia, rintracciandonella nuova cultura elementi enormementepositivi: per esempio, l'effetto democratizzatoredi una cultura che arriva a tutti, unacultura che, a differenza di quella tradizionale,non fa distinzioni, non è monopolizzata da alcunaélite, da cenacoli di chierici o di intellettuali,ma permea in un modo o nell'altro l'interasocietà.Lipovetsky afferma anche -- ed è un temainteressante, degno di essere dibattuto -- chequesta cultura ha permesso la liberazione dell'individuoperché, a differenza di quanto accadevain passato, quando l'individuo era prigionieroed espressione di una certa cultura, l'individuodel nostro tempo può scegliere tra un'ampiagamma di possibilità culturali, esercitandocosì non solo una sovranità e una volontà, maanche un suo gusto e una sua inclinazione. Lipovetskydice che questa è una cultura del piacereche permette a ognuno di trovare, appunto, ilsuo piacere in attività che oggi sono etichettatecome culturali, ma che un tempo non lo sarebberostate. Sono idee su cui discutere che a voltemi convincono, a volte mi lasciano perplesso: ilnostro sarà quindi un confronto vivace tra dueposizioni molto diverse che possono però rivelarsicomplementari.Gilles Lipovetsky: Grazie, Mario, per questabella presentazione nella quale mi riconosco inpieno. Mario sottolinea che la società dello spettacolosfida il significato nobile della cultura.Sono d'accordo. Ho cercato di teorizzare questaidea in un mio libro di prossima pubblicazione edunque svilupperò un po' questo punto. Checos'era la cultura nobile, la cultura alta, per imoderni? La cultura rappresentava il nuovoassoluto. Quando i moderni cominciarono a svilupparela società scientifica e democratica, iromantici tedeschi crearono una specie di religionedell'arte, che svolgeva il compito di fornireciò che né la religione né la scienza eranoin grado di dare -- perché la scienza descrivesolo le cose del mondo. L'arte così diventòsacra. Nei secoli XVII e XVIII, erano i poeti egli artisti in generale a mostrare il cammino, adire ciò che prima diceva la religione.Quando analizziamo ciò che è la cultura nelmondo del consumo, nella "società dello spettacolo",quel che notiamo è appunto il crollo diquesto modello. La cultura si trasforma inun'unità di consumo. Non ci aspettiamo più chela cultura cambi la vita, che cambi il mondo,come pensava Rimbaud. Il compito dei poeti eraproprio questo: rifiutare il mondo utilitaristico,come faceva Baudelaire. I poeti pensavano chel'alta cultura potesse cambiare l'uomo e la vita.Oggi, nessuno pensa più una cosa del genere.Anzi, è la società dello spettacolo che di fatto havinto. Quello che ci aspettiamo dalla cultura èl'intrattenimento, cioè una forma più elevata didivertimento. Sono il capitalismo e la tecnologiaa cambiare la vita, oggi. E la cultura finisceper essere un loro contorno.Noi due possiamo dire di condividere unavisione negativa di questa civiltà dello spettacolo e della società del consumo in generale. Neglianni, nonostante tutto, io ho anche provato adimostrare il suo potenziale positivo. Visto daun modello tradizionale di cultura, l'aspettonegativo è innegabilmente grande, ma la vitanon è solo cultura. La vita è anche politica -- pernoi, la democrazia --, è la nostra relazione congli altri, la relazione con noi stessi, con il piaceree con molti altri elementi. A questo livello,possiamo dire che la società dello spettacolo e lasocietà del consumo hanno massificato gli schemidi comportamento, hanno fornito all'individuoun livello più elevato di autonomia. Perché?Perché ciò ha significato il crollo dei megadiscorsi,delle grandi ideologie politiche checonfinavano gli individui all'interno di una rigidaserie di regole, e li ha sostituiti con il tempolibero, con l'edonismo culturale. La gente nonha più voglia di sottostare all'autorità: vuoleessere felice e cercare quella felicità con tutti imezzi a disposizione. La società edonistica deiconsumi ha permesso il proliferare di questi stilidi vita. La televisione, per esempio, è stata unaspecie di tomba per l'alta cultura, ma ha ancheportato alle persone nuovi punti di riferimento,ha aperto nuovi orizzonti, permettendo agliindividui di fare raffronti. Sotto questo aspetto,la rivoluzione dei modi di vita della societàdello spettacolo ha permesso l'autonomizzazionedegli individui, creando una sorta di società"alla carta" in cui le persone costruiscono i lorostili di vita.Credo che questo sia un aspetto importanteperché le società in cui domina lo spettacolosono, in genere, società fondate sul patto democratico.Oggi, le lotte sociali non finiscono più inun bagno di sangue e in tutte queste società lafigura del dittatore non esiste più. In un certosenso, penso che la società dello spettacolo abbiapermesso alle democrazie di vivere in un modomeno tragico e meno schizofrenico di quantonon succedesse in passato. Però non ci siamoancora del tutto liberati di due tratti fondanti --dei due grandi vizi -- dell'età moderna: la rivoluzionee il nazionalismo. I nazionalismi esistonoovunque prevalga la società dello spettacolo, manon sono sanguinari; e la rivoluzione -- la grandeepica del marxismo, la grande speranza rivoluzionario-escatologica -- non conta più moltiseguaci. Ricordare quello che i nazionalismi e lerivoluzioni hanno significato per il XX secolo cipermette di evitare le letture apocalittiche dellasocietà dello spettacolo, anche se dobbiamo continuarea considerarla criticamente.MVL: Quelli sono gli aspettiche potremmo chiamare positivi della civiltàdello spettacolo -- una volta tanto sono del tuttod'accordo con Gilles. Ora vediamo quelli negativi,a cominciare dalla scomparsa -- o dal crollo-- dell'alta cultura che ha portato al trionfo diuna grande confusione. Insieme alla fine dell'altacultura, siamo testimoni anche della fine dialcuni valori estetici. Le gerarchie che la vecchiacultura aveva stabilito e che erano più omeno rispettate non esistono più, né esiste uncanone condiviso o un ordine di precedenza. Edè un fatto straordinario, in un certo senso, perchésignifica che, in campo culturale, godiamodi una libertà infinita, ma all'interno di quellalibertà possiamo anche restare vittime delle peggioribaggianate. È una realtà che vediamo tuttii giorni. Forse, il caso più drammatico è quellodelle arti visive. La libertà che le arti visivehanno conquistato consiste nel fatto che tuttopuò essere arte e che nulla lo è; che tutta l'artepuò essere bella o brutta, ma non c'è modo didistinguere tra le due. I vecchi canoni che ci permettevanodi distinguere tra l'eccellente, ilmondano e l'esecrabile non funzionano più:tutto dipende dal gusto del cliente. Nel mondodell'arte la confusione ha raggiunto estremi talvoltacomici. Il grande talento e il brigante sonoentrambi vittime di macchinazioni diverse: dellapubblicità, per esempio, che ha sempre l'ultimaparola. È vero che in altri campi la confusionenon ha raggiunto questi estremi, ma si è comunqueinfiltrata e ha causato grande incertezza.Se la cultura è solo intrattenimento, nulla èimportante. Se si tratta di divertirsi, un impostorepuò divertirmi molto di più di un persona profondamenteautentica. Ma se la cultura significaqualcosa di più di questo, allora stiamo messimale. E io credo che la cultura significhi moltodi più, e non soltanto per il piacere che produceleggere un'opera letteraria o vedere una grandeopera o ascoltare una bella sinfonia o assistere aun balletto, ma perché il tipo di sensibilità, iltipo di immaginazione, il tipo di appetiti e didesideri che l'alta cultura o la grande arte produconoin un individuo lo armano e lo equipaggianoper vivere meglio, per essere molto piùconsapevole dei problemi in cui sta immerso,per essere molto più lucido rispetto a ciò che vabene e a ciò che va male nel mondo in cui vive.E anche perché questa sensibilità così formatagli consente di difendersi meglio contro l'avversitàe di divertirsi di più -- o, comunque, di soffriredi meno.Vi racconto un'esperienza personale: credoche aver potuto leggere e godere di Góngora,aver potuto leggere e comprendere l'Ulisse diJoyce abbia enormemente arricchito la mia vita.E non solo per il piacere che ho provato vivendoquelle esperienze culturali, ma anche perchémi hanno fatto capire meglio la politica, le relazioniumane, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto,quello che va bene e quello che va male,molto male. Tutto ciò ha riempito una vita dallaquale la religione era scomparsa quando eroancora molto giovane, lasciando al suo postouna spiritualità che, senza quelle letture, nonsarei riuscito ad avere. Certo, parlo da un puntodi vista personale, ma se estendiamo tutto questoalla società nel suo insieme, quando quellacultura e tutto ciò che significa scompaiono peressere sostituiti dal puro intrattenimento, checosa succede a tutto il resto? Il puro intrattenimentoè in grado di attrezzare una società tantoda renderla capace di affrontare i problemi?Io non sono un anticapitalista, anzi. Il capitalismoha fatto sì che l'umanità progredisse enormemente:ci ha portato standard di vita più alti,uno sviluppo scientifico che ci permette di vivereinfinitamente meglio di quanto non facesseroi nostri antenati. Tuttavia, i grandi teorici delmercato hanno sempre detto che il capitalismo èun meccanismo a sangue freddo, che crea ricchezzama anche egoismo. Questo deve esserecontrobilanciato da una vita spirituale moltoricca. Per molti teorici del capitalismo, la vitaspirituale coincideva con la religione. Ma altri,che non erano religiosi, pensavano che fosse lacultura. Io credo profondamente che il modomigliore di compensare quell'egoismo, quellasolitudine, quella competizione così terribile daarrivare a estremi di grande disumanizzazione,esiga una vita culturale molto ricca nel sensopiù alto della parola "cultura" -- se non vogliamoarrivare a ciò a cui disgraziatamente lasocietà contemporanea sta già arrivando: a unvuoto spirituale che manifesta quotidianamentetutti gli aspetti negativi della società industriale,tutta la sua disumanizzazione.Diversamente da Gilles, non credo che laciviltà dello spettacolo abbia portato la pace, laserenità e la conformità necessarie a estirpare, oalmeno a ridurre, la violenza. Casomai il contrario.La violenza c'è sempre, è una presenzacostante nelle nostre città, impregnate di criminalità,in cui domina ogni tipo di discriminazione.Ci sono fantasmi che nascono, per esempio,dalla crisi economica e che si traducono inxenofobia, in razzismo e, appunto, in discriminazione.Per non parlare della violenza contro leminoranze sessuali che si manifesta quasi intutto il mondo. A che cosa va attribuita una cosadel genere? Come spiegarla? Credo che uno deifattori che spiega le manifestazioni violente piùcrude e sfrenate sia proprio il crollo dell'altacultura che è ciò che arricchisce la sensibilità,che in qualche modo ci porta a occuparci deigrandi temi -- una cultura che, oltre a intrattenere,sia preoccupante, perturbante, in grado diinculcare anticonformismo e spirito critico, èqualcosa che una cultura che è puro intrattenimentonon potrà mai essere. In uno dei suoisaggi, Gilles la chiama "cultura-mondo".Non ce l'ho con lo spettacolo, anzi, mi piacee mi diverte moltissimo. Ma se la cultura diventasolo spettacolo, credo che ciò che prevarràalla fine sarà il conformismo, piuttosto che laserenità, vale a dire una specie di rassegnazionepassiva. E nella moderna società capitalistica, lapura passività dell'individuo non significa rafforzamentodella cultura democratica, ma crollodelle istituzioni democratiche. Un atteggiamentodel genere va contro la partecipazione creativae critica dell'individuo alla vita sociale, politicae civile. Per me, uno dei fenomeni piùinquietanti della società contemporanea è ildisimpegno degli intellettuali e degli artistirispetto ai temi civili, il disprezzo assoluto per lavita politica, considerata attività sporca, ignobilee corrotta a cui voltare le spalle e da cui nonfarsi contaminare. Come può alla lunga unasocietà democratica sopravvivere senza la partecipazionedella gente più pensante, di quella più sensibile, più creativa, di quella che ha piùimmaginazione?GL: Spesso associamo la societàdello spettacolo alla scomparsa degli ideali.Questo è un aspetto della cosa, ma non è il solo.Nelle nuove generazioni di persone impegnatec'è una base che non è più politica, ma legataall'imperativo della generosità, dell'aiuto reciproco.La società contemporanea non è sinonimodi cinismo totale o di nihilismo. Certo, questoaspetto c'è, ma ci sono anche controtendenze.Ci sono un sacco di ONG, di volontari, digente che si impegna, che regala il propriotempo e che cerca di fare qualcosa per gli altri,piuttosto che solo per se stessa. Certo, non è unfenomeno universale, ma è sorprendente che,nonostante tutto, la società dello spettacolofavorisca queste manifestazioni di generositàattraverso il mondo. La società della spettacolonon crea solo egoismi; crea altri fenomeni che cipermettono di trovare un equilibrio. Noi dueabbiamo una visione diversa dell'alta cultura.Mario la vede come un contrappeso, come unsalvavita o un antidoto contro la deregulationmortale dello spettacolo e del capitalismo.Mario non è contro il capitalismo, ma cerca unmodo di umanizzarlo. E qui ci troviamo d'accordo.Ma non siamo ottimisti alla stessa maniera.Mario pensa che l'alta cultura sia un mezzofondamentale ed essenziale per correggere unaspetto del capitalismo. Io sono più scettico:forse ho meno fiducia di lui nell'alta cultura.Mario ha detto alcune cose molto importantisulla violenza: che, nella società dello spettacolo,che è anche associata allo svago, sono apparseforme di violenza di ogni tipo. Tuttavia, ègiusto ricordare che, in un momento molto rilevanteper l'alta cultura, Oscar Wilde passò dueanni in carcere e il resto della sua breve vita inesilio. Nella patria di Goethe e di Kant, l'altacultura è stata incapace di proteggere gli esseriumani dalla barbarie nazista.Sono un accademico, difendo l'alta cultura,ma penso che sia nostro dovere proporre anchealtri percorsi. Visto il disorientamento delmondo contemporaneo, quel che dobbiamo fareè ricostruire la dignità della gente e la fiducianell'azione. Non solo la fiducia nella conoscenzae nel godimento delle grandi opere. L'altacultura contribuisce a creare l'individuo, ma aciò contribuisce anche il fatto che gli individuisono attori che costruiscono il loro mondo. Lascuola non deve restare ferma o agire solo controla televisione o simili. La scuola deve forniregli strumenti affinché gli individui diventinocreatori, non solo di arte o di letteratura, ma diqualsiasi cosa. L'alta cultura, che è l'umanesimo,è una via. Ma non è l'unica. È una stradache deve accompagnarsi ad altre perché, se pensiamoche sia quella centrale, avremo molte difficoltà.Nella società dell'immagine, dell'intrattenimento,è più difficile che le masse partecipinoa un autentico fermento culturale. Per chinon abbia ricevuto l'educazione necessaria, leggerel'Ulisse oggi è difficile, anche se nonimpossibile. Possiamo vivere, e vivere bene,dignitosamente, senza conoscere i classici.Concordiamo entrambi sulla diagnosi per cuila società dello spettacolo trae origine dal crollodelle gerarchie estetiche. Ma qui dobbiamo fermarciun momento e osservare che la societàdello spettacolo non è la sola responsabile.Tutto ha avuto inizio con la cultura più alta:l'avanguardia. È da lì che è partito l'attaccocontro l'arte accademica, contro "il bello".Duchamp non faceva parte della società dellospettacolo, eppure è stato lui ad aprire la portaall'idea che qualsiasi cosa esponessimo in unamostra per questo sarebbe stata chiamata "arte".Il seme del crollo dell'estetica e dell'alta culturasi trova nell'alta cultura stessa.Alla fine, la società dello spettacolo non hacambiato molto le gerarchie estetiche. Che cosaha fatto? La società del XX secolo ha creatoqualcosa di inaudito nella storia: un'"arte dellemasse". Prendiamo il cinema, per esempio. Ilfilm è un'opera destinata a tutti, a prescindere dal bagaglio culturale di ognuno -- non bisognaaver letto i classici per apprezzarlo. Il cinemanon ha cambiato l'estetica, ha creato qualcosa didiverso: un'arte dell'intrattenimento che puòregalarci opere mediocri ma anche veri e propricapolavori. Sempre di più, film intermedi, chenon sono grandi opere ma che non sono neanchetanto male, producono emozioni e fanno rifletterela gente.MVL: Sono contento che Gillesabbia toccato il tema del nazismo. La primacosa che fece il nazismo appena salito al poterefu un enorme rogo di libri di fronte all'universitàdi Berlino. In quell'atto, praticamente tutta lagrande tradizione culturale tedesca andò infumo. Il nazismo non è l'unico movimento totalitarioche diffidasse profondamente della creazioneartistica, del pensiero filosofico, degliartisti che erano più o meno critici del lorotempo e della loro società -- artisti che vennerobrutalmente repressi.A causa dell'enorme sospetto nei confrontidella cultura, la prima cosa che fanno tutte lesocietà autoritarie è creare un sistema di censura.E hanno ragione nel vedersi minacciate dallacultura. È così che sono nate l'Inquisizione etutte le forme repressive della vita intellettuale espirituale che dovevano essere bloccate perchéquella vita non corrispondeva ai dettami delpotere. Così hanno fatto tutte le dittature --comunismo, fascismo, nazismo. Abbiamo così ladimostrazione più vera di quanto sia importanteuna cultura ricca, creativa e libera. Il fatto che uncultura ricca e creativa sia anche libera è uno deifondamenti della libertà. La libertà scomparenelle mani di un regime totalitario brutale --Hitler, Stalin, Fidel Castro, Mao Tse-Tung -- mapuò anche scomparire in altri modi, per esempioattraverso la frivolezza e lo snobismo. Ci sonopersone che, non avendo la necessaria cultura,credono che Joyce, Eliot o Proust siano totalmenteinutili e questo perché hanno preoccupazioniimmediate molto più pressanti da risolvere.Pensarla così è pericoloso. Credo che Proust siaimportante per tutti, anche per chi non sa leggere.Penso che in qualche modo ciò che ha dettoProust sia importante anche per chi non è nellecondizioni di leggerlo. Rispetto a certe cose,Proust ha creato una sensibilità che ha reso gliindividui capaci di esserne contaminati. E li haresi consapevoli dell'esistenza di alcuni dirittiumani. Questo tipo di sensibilità viene dalla cultura.Quando la cultura non è dietro a questa sensibilità,essa si indebolisce molto. Questo spiegaperché, nonostante l'Europa abbia vissuto leesperienze atroci dell'Olocausto, non solo l'antisemitismonon è scomparso, ma periodicamenterinasce. E spiega perché la xenofobia, che è unatara universale, riaffiori, non in società primitivee incolte, ma in società estremamente avanzate eacculturate, e proprio in quelle zone della societàin cui Proust, Eliot o l'Ulisse di Joyce nonsono mai arrivati.L'alta cultura è inseparabile dalla libertà.L'alta cultura è sempre stata critica, è semprestata il risultato di un anticonformismo e unafonte di non-conformità. Non si possono leggereKafka, Tolstoj, Flaubert senza convincersiche il mondo è fatto proprio male; che, confrontatocon opere così belle, perfette, eleganti, dovetutto è elegante -- perfino il bello e il brutto -- ilmondo reale è veramente mediocre. Ciò crea innoi un sentimento di non-conformità, di resistenzae di rifiuto della realtà reale. Questa èl'origine principale del progresso e della libertà.Non solamente in campo materiale, ma soprattuttoin quello dei diritti umani e delle istituzionidemocratiche. La difesa dell'alta cultura èlegata alla grande preoccupazione per la libertàe per la democrazia.È vero che nelle società colte del passato esistevanoingiustizie mostruose dal punto di vistasociale ed economico. Che cos'è che ci ha resocoscienti di quelle ingiustizie? La cultura. Lacultura ci ha dato la sensibilità e la razionalitàche ci hanno reso consapevoli di quello che nonandava bene intorno a noi. È stata la cultura afarci capire che la schiavitù era ingiusta e chedoveva finire; che il colonialismo era ingiusto eche doveva scomparire; che tutte le forme dirazzismo e di discriminazione sono ingiuste eviolente. Quando Proust stava scrivendo LaRicerca, non sapeva di lavorare per la libertà eper la giustizia. Rembrandt e Michelangelo lostesso; e anche Wagner, nonostante fosse un razzista.Lo stesso vale per tutti i grandi artisti,pensatori, creatori. La loro funzione non è paragonabilea quella dei tecnocrati o degli scienziati,nonostante il loro contributo all'umanità siaquello di specialisti che si muovono lungo unalinea precisa. L'opera dei grandi umanisti, invece,si muove in tante direzioni: è orientata versola società nel suo insieme e cerca di ristabilire icomuni denominatori che sono andati perduticon la modernizzazione e con l'industrializzazione.La società moderna segrega e separa gliindividui: per questo è importante avere uncomune denominatore che ci faccia sentire congiuntamentee fraternamente responsabili -- èquesto che crea una comunità di interessi tranoi. Solo la cultura è in grado di creare quellacomunità di interessi, non la tecnologia, non lascienza che creano specialisti e divisioni tra loroincompatibili.Difendere l'alta cultura significa difenderenon solo la piccola élite che gode dei prodottidell'alta cultura, ma anche difendere cose fondamentaliper l'umanità come la libertà e la culturademocratica. L'alta cultura ci difende daltotalitarismo e dall'autoritarismo, ma anche dalsettarismo e dal dogma.Gilles Lipovetsky dice che le ideologie -- cheanche io temo -- si sono dissolte nella culturadello spettacolo; che la società dello spettacoloè stata più efficace di quanto non lo siano statigli argomenti razionali e democratici nella lottacontro le grandi ideologie utopiche. Se moltedelle ideologie si sono disintegrate e stannoscomparendo, risucchiate dalla necessità didivertimento, di intrattenimento, delle mode edella ricerca del piacere immediato, allora c'èqualcosa da festeggiare. Il crollo delle grandiideologie corrisponde alla fine di una dellegrandi ragioni di guerra e di violenza dellasocietà moderna.GL: Mario ha sottolineato unpunto che mi vede in assoluto accordo con lui:se siamo donne e uomini moderni, lo dobbiamoall'alta cultura -- alla filosofia e alla letteratura.La democrazia, i diritti umani, l'umanesimo nonsono nati per caso. Derivano da un fermento diidee, da una sensibilità moderna a cui hannocontribuito filosofi e scrittori, ed è questo che haforgiato l'universo umanistico, individualisticoe democratico. Il mondo moderno nasce dallospirito di alcuni pensatori che hanno gettato ilseme, che hanno redatto il codice di una societàche non trova più il suo fondamento nell'AltroMondo ma che lo incontra in se stessa, riconoscendola libertà, la dignità e l'eguaglianza ditutti. Questa è un'invenzione intellettuale chedobbiamo all'alta cultura. Sono d'accordoanche sul fatto che dobbiamo difendere la creazionecome agente di libertà.Non sono convinto, invece, che l'alta culturaci preservi, ci conservi e ci protegga contro l'irromperedella violenza, del totalitarismo o dellaviolenza di qualunque altro tipo. Se l'alta culturagenera libertà, può spesso, come avrebbedetto Kant, essere azzoppata dalle minacce delpotere e degli interessi privati. Oggi non è solol'alta cultura che difende i valori che noi tuttiamiamo e apprezziamo; anche la televisione, ilcinema e molti prodotti di massa celebrano idiritti umani e la dignità. Non saranno tutti grandicapolavori, ciò nonostante diffondonoun'ideologia umanistica. Per esempio, i film diSpielberg mi sorprendono sempre. Non sonoalta cultura, sono film di successo e costanomilioni di dollari di produzione. Ma quei filmdiffondono idee umanistiche e un immaginariodemocratico e anche valori che all'inizio eranonati in ambienti culturali elevati. La società deiconsumi, la società dello spettacolo -- che più omeno coincidono -- hanno prodotto molte cose:hanno creato benessere, hanno permesso allagente di condividere opinioni, hanno distrutto legrandi ideologie e dato alle persone più autonomia.Ma non è abbastanza. La società dello spettacolo,che promette felicità, non è in grado dimantenere la parola data. Tuttavia non possiamodemonizzare la società dei consumi, non possiamobuttare il bambino con l'acqua sporca. Dobbiamoriconoscere quello che di positivo esistein questa società -- libertà, longevità, stili di vita;ma allo stesso tempo non possiamo nasconderciche l'universo del consumo è incapace di soddisfarele aspirazioni più elevate del mondo. L'uomonon è solo un consumatore, ma la società deiconsumi si rivolge all'uomo come se fosse soloun consumatore. Qual è la differenza tra il consumatoree l'uomo? Ce ne sono molte. In ognicaso, in una prospettiva umanistica, erede dell'altacultura, ci aspettiamo che l'uomo sia creativo,che inventi, che abbia valori -- condizioniche la società dei consumi non offre. Per questa ragione vediamo nascere molti movimenti chesi impegnano, che propongono, che agiscono.Le persone hanno bisogno di impegnarsi.Grazie a internet e ai nuovi media vediamosempre più spesso emergere giovani dilettantiche si danno da fare, creano video, cortometraggi,musica. Questi prodotti non sempre sonogeniali, però questo fermento ci dice che ciò cheNietzsche chiamava "volontà di potenza" oggi èvolontà di creazione. Questa volontà è qualcosache la società dei consumi non ha distrutto, né èriuscita a trasformare la gente in persone chevogliono solo oggetti di marca. Gli uomini continuanoa fare qualcosa della loro vita. Ed è questoche deve fare la scuola: fornire strumentiaffinché l'uomo, ovunque si trovi, possa farequalcosa della sua vita e non essere semplicementeun consumatore di marche alla moda. C'èun lavoro enorme da fare.Il meccanismo mondiale del capitalismoriduce il margine di manovra, restringe il campod'azione, ma la cultura può fare molto e l'educazionepuò agire. Questa è una delle grandisfide del XXI secolo. La società non deve essereforgiata dalla tecnologia ma anche da uominiche siano in grado di pensare e avere desideri.La scuola deve contribuire a fare questo. L'altacultura è uno degli strumenti, ma non l'unico. Inuna società disorientata che non ha più punti diriferimento, l'educazione va ripensata. È unagrande sfida da cui nascerà il mondo di domani.MVL: Sono assolutamente d'accordo.La moderna società industriale, la societàdel mercato, la società dei paesi avanzati hamigliorato enormemente le condizioni di vitadegli individui. Ma non è riuscita a portare la felicitàche le persone desideravano profondamente.Quello che manca è ciò che si chiama "una riccavita spirituale". La religione provvede a ciò peruna parte della società, ma ne rimane un ampiosettore che non è interessato ed è proprio qui chela cultura deve giocare un ruolo fondamentale.L'educazione deve essere lo strumento principaleattraverso cui la società moderna può gradualmenteriempire questo vuoto spirituale. Ma sec'è una cosa che è in crisi nella società moderna èproprio l'educazione. Non c'è un solo Paese almondo in cui il sistema scolastico non sia in unacrisi profonda, per la semplice ragione che noinon sappiamo quale sia il sistema migliore e piùefficace, il sistema che crei da una parte i tecnicie i professionisti di cui la società ha bisogno e che,dall'altra, ne riempia i vuoti spirituali. L'educazioneè in crisi perché è incapace di trovare unaformula che possa tenere insieme questi dueobiettivi. È su questo che dobbiamo lavorare, sevogliamo una società moderna capace di soddisfarele necessità materiali degli uomini e delledonne e di riempire il vuoto spirituale. Se l'educazioneè assolutamente fondamentale, anche lafamiglia e l'individuo lo sono, ed è dunque necessarioun certo consenso quando si tratta di sviluppareprogrammi che devono governare la vitadelle nostre scuole e delle nostre università. C'èuna confusione straordinaria su questo, ma se esistessealmeno la consapevolezza che è nell'educazioneche dobbiamo essere creativi e funzionali,avremmo già fatto un passo in avanti. Comunquesia, nonostante le differenze tra noi due, credoche concordiamo sul fatto che sia necessario leggereProust, Joyce e Rimbaud; che ciò che Kant,che Popper, o che Nietzsche hanno pensato valgaancora ai nostri giorni e ci possa aiutare a progettareprogrammi educativi su cui la società didomani possa fondarsi, se vorrà diventare menoviolenta e meno infelice di quanto non sia oggi.